L’ex difensore risponde senza freni: “Penso sia l’uomo giusto per far tornare la Juve una squadra di cagnacci”

Galia: “Tudor può far tornare la Juve affamata e grintosa, come i cagnacci di un tempo. Serve il Dna bianconero per rilanciarsi”

La Juventus è a un crocevia cruciale, e l’ex bianconero Roberto Galia, in un’intervista esclusiva concessa a TuttoJuve.com, offre una lettura lucida e appassionata del momento vissuto dalla Vecchia Signora. Con l’arrivo di Igor Tudor in panchina, dopo l’esonero di Thiago Motta e un’annata segnata da risultati deludenti, i tifosi sognano una squadra che ritrovi fame e identità. Galia, protagonista in maglia juventina tra la fine degli anni ’80 e la metà dei ’90, non ha dubbi: Tudor può essere l’uomo giusto per riportare la Juve a essere una squadra di “cagnacci”, magari non spettacolare, ma determinata e affamata.

Un calcio italiano al punto zero

L’ex centrocampista non risparmia critiche al sistema calcio italiano, definito “al punto zero, forse di non ritorno”. Per Galia, senza una rivoluzione che parta dalla Federazione, il movimento rischia di stagnare, con le squadre di Serie A costrette a inseguire solo i soldi della Champions. Anche la gestione della Juventus, con l’esonero di Giuntoli e del suo staff, riflette un malcontento generale. “La Juve è la Juve, qui gli errori si pagano. Ma non basta mettere soldi, servono persone giuste”, osserva, notando come l’era di figure come Agnelli e Boniperti sembri ormai lontana.

La ricetta: fame e Dna juventino

I tifosi, infuriati per le debacle contro Empoli, Fiorentina e Atalanta, chiedono un cambio di rotta. “Non ci sono più i Del Piero, e ricostruire quel Dna richiede tempo”, ammette Galia. La sua speranza è che Tudor riesca a forgiare una squadra “brutta da vedere ma affamata”, capace di incarnare lo spirito combattivo che a Torino è sempre stato sinonimo di successo. “Arrivare secondi qui è un fallimento, figuriamoci subire sette gol in due partite”. La sfida per Tudor è chiara: restituire alla Juventus la sua anima guerriera, quella dei “cagnacci” che non mollano mai.