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“Non so più gestirla, se scoppia la bomba sono rovinato”: la rivelazione sull’ex Juventus

L’abisso del centrocampista: 2.8 milioni di debito con la mafia delle scommesse. Chat rivelano minacce spietate al centrocampista.
Non sembra esser finita la storia che lega Nicolò Fagioli al calcio scommesse. La Polizia rivela un debito monstre di 2,8 milioni di euro contratto con un’organizzazione criminale, un buco nero che ha trasformato un pezzo di Serie A in una bisca clandestina, secondo le indagini della procura di Milano. A tratteggiare il calvario del centrocampista è La Repubblica, che pubblica stralci di chat agghiaccianti. “Ho l’ansia della partita, come faccio…”, scriveva Fagioli, mentre gli esattori lo stringevano in una morsa. Tra loro, un’ombra chiamata “Nelly”, mai identificata, che lo minacciava senza mezzi termini: “Vengo a Torino e ti faccio smettere di giocare”. Un racconto che dipinge un ragazzo schiacciato dal peso di scelte sbagliate, in balia di un sistema spietato. Non solo lui, altri due giocatori della Juve potrebbero essere coinvolti.

Un’escalation di paura e debiti fuori controllo
Tutto sembrava filare liscio, all’inizio. Con un fido da un milione di euro, Fagioli scommetteva su piattaforme gestite da criminali romani. Ma i debiti sono lievitati in fretta, e il clima è cambiato. “Hai rotto le scatole”, gli scrivevano, mentre le minacce si facevano sempre più pesanti: “Ti levo pure la penna per firmare i contratti”. Disperato, il calciatore ha provato a tamponare la situazione cambiando procuratore e mettendo in gioco i diritti d’immagine futuri per placare i creditori. Ma la paura lo consumava. Le conversazioni intercettate mostrano un ragazzo sull’orlo del baratro, consapevole che la sua carriera e la sua incolumità erano appese a un filo, intrappolato in un incubo senza via d’uscita.
La scoperta agghiacciante della Juventus
La crisi di Fagioli non è passata inosservata alla Juventus. In un messaggio straziante al suo agente, il giocatore confessa: “Non riesco più ad andare al campo felice”. La società, notando il suo smarrimento, gli aveva chiesto spiegazioni, sospettando un problema legato al gioco d’azzardo. “Stanno capendo che ho qualcosa”, scriveva, terrorizzato dall’idea che lo scandalo potesse esplodere e distruggerlo. La sua richiesta di aiuto ai vertici bianconeri è un urlo di dolore: “È un problema più grande di me”. Un dramma che va oltre il rettangolo verde, un monito sulle insidie che minacciano il calcio italiano.
