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Thiago Motta spara a zero: “È un bugiardo. Sono cose inaccettabili, non è vero”

Juve, parla Motta: la sua verità sull’addio, i rapporti nello spogliatoio e il dibattito sulla gestione.
Thiago Motta, ex allenatore della Juventus esonerato lo scorso 23 marzo, ha rotto il silenzio con un’intervista esclusiva al Corriere della Sera a poche settimane dalla fine della sua avventura in bianconero, il tecnico italo-brasiliano ha deciso di condividere il suo punto di vista su un’esperienza intensa e controversa, conclusasi con l’interruzione di un progetto che, a suo dire, meritava più tempo e fiducia. Le sue parole, cariche di amarezza ma anche di lucidità, gettano luce sui motivi della separazione dalla Vecchia Signora e rispondono alle critiche, aprendo un dibattito sul futuro della squadra e sulla gestione della dirigenza. Motta non si tira indietro, affrontando temi caldi come i rapporti con i giocatori e le aspettative di una piazza esigente come Torino.

Delusione e progetti interrotti
Motta ha sottolineato come il suo incarico fosse parte di un progetto triennale, basato sul ringiovanimento della rosa e su una rivoluzione profonda, interrotta troppo presto. «Sapevo che alla Juve bisogna vincere, ma serviva tempo», ha aggiunto, lasciando intendere una critica alla dirigenza per la mancanza di pazienza. Sullo spogliatoio, ha smentito tensioni insanabili: «Tradito? No, i ragazzi si sono allenati bene dal primo giorno. Accetto le critiche, ma gli attacchi personali mi danno fastidio». Una difesa netta del gruppo e del suo approccio, nonostante le difficoltà.
Riflessioni e ringraziamenti
Motta ha poi rivolto un pensiero ai tifosi: «Li ringrazio, ci sono stati vicini anche nelle critiche, sempre con amore. La Juve deve tornare a vincere, serve fiducia e chiarezza». Ha ammesso che la squadra avrebbe avuto bisogno di meno infortuni e più tempo per crescere, ma si è detto convinto che i semi piantati porteranno frutto. Sul suo futuro, nessuna anticipazione, solo una promessa: «Prenderò sempre decisioni giuste, senza calcoli». L’intervista si chiude con un’immagine di un tecnico ferito ma non piegato, che reclama rispetto per il suo lavoro e lascia un messaggio alla Juventus: il successo richiede coerenza, non solo risultati immediati. Un addio che fa rumore e che invita a riflettere sul calcio di oggi.
